mercoledì 8 agosto 2018

Italiana. Extended edition


Io da piccola sognavo di fare l'inviato TG dall'America.
Che ne sapevo che sarei passata dalla provincia romana o che avrei solcato le acque del lago di Garda?
Circostanze. Un insieme fortuito di cose e intuizioni, così è nato questo viaggio.

Chiusa in una scatola, ho scoperto che l'Italia è uno sterminato campo di colture. Poi ci sono alberi e montagne e valli; in lontananza, da qualche parte, il mare. Ma questi giorni hanno a che fare con la terra. La terra tutta: immagini che scorrono veloci e un tempo di vuoto ma pieno, indefinito; le mie ore in treno hanno dosato ogni emozione: dall'entusiasmo alle solite paure.

Ma se i paesaggi scorrono fuori dal finestrino e tu stai lì a leggere i cartelli blu di ogni stazione attendendo il turno della tua fermata, che spazio possono avere i pensieri? Insomma, stai percorrendo lo stivale, passando di paese in paese, e ogni volta che il convoglio rallenta nei pressi di un caseggiato, da buona sicula invadente, sbirci nei balconi e fin dentro gli appartamenti pur di scorgere un pezzo di storia, un pezzo di Italia. Viaggiare non è un tempo di attesa, né di riflessione, viaggiare è un tempo di sostanza, di scoperta. 

Con una gran sete, così sono arrivata a Ciampino.
Quando potevo finalmente urinare in un WC vero, lo stimolo si era già ridimensionato, l'attenzione era posta su altro. Casa mia ha le porte aperte, in senso fisico e figurato, sono abituata ad avere gente per le stanze, ma raramente sono io quella gente nei corridoi di altri. 
Ad Ariccia invece ho scoperto che il miglior grado di ospitalità che possiamo riservare a chi viene nella nostra dimora non è ingurgitarlo di cibo o ricoprirlo di asciugamani (beh, anche), piuttosto offrirgli uno spazio in cui essere libero. 

La mia è stata una trasferta in due tappe: nella provincia romana, fortemente influenzata dalla capitale negli stili e nei modi di essere; dove hai l'impressione di poter godere costantemente di decine di possibilità, con il vantaggio di non rimanere imbottigliato nel traffico. E poi nella provincia di Brescia e Verona, sulle rive del Lago di Garda, nel settentrione, quello con le autostrade a tre corsie, i molteplici collegamenti e le vigne tutto intorno, oppure la Bauli, dipende. 
Dipende da cosa ci vai a fare nei posti.

Io ho scelto il treno, e ho visto le stazioni.
Ho scelto la provincia, e ho visto un quotidiano difforme ma simile nella sostanza, quello delle famiglie.
Ho scelto di stare sola, ma anche in compagnia.

"Monitorami"- ho detto - sorridendo con lo sguardo e pregando al contempo non di proteggermi, non di fare al posto mio, ma di guardarmi da lontano, preoccupandosi di me. L'altro diventa veramente rassicurante quando, pur sapendo di potertela cavare da sola, colma il tuo bisogno di attenzione e cura. Esserci non è dipendere: è non perdere di vista la sponda del lago, mentre si naviga in acque sconosciute. 
Così, sulla statale verso Peschiera, di ritorno da Monzambano, sulle quattro ruote della cabriolet, mi sono commossa in silenzio: mi sono sentita al sicuro con gli altri perché ero al sicuro con me. 

La sfida è stata quella di rimanere me stessa mentre incontravo tutta quella diversità: il gioco era offrire ciò che sono, quale che fosse Sofia in ogni giorno di questa breve storia. Prendere le distanze dalla persona che ho lasciato a casa l'attimo prima di salire a bordo e improvvisare una danza quando sono rimasta tra me e me nella cuccetta: eccitata come una bimba al parco divertimenti, inedita come un brano del tuo cantante preferito dopo anni di fermo.

Che ne ho fatto di quella ragazza? L'ho messa in valigia e l'ho usata all'occorrenza. Nel mio bagaglio però sono rimasti parecchi gli indumenti che non ho avuto bisogno di indossare. 
C'erano, per sicurezza. 
Non li ho usati, perché dovevo stare leggera. 

E ancora viaggiare è una questione di sensi, non solo di vista, ma con grande orgoglio posso dire anche di gusto (mangiatevela la porchetta, bevetevela una grappa), di olfatto, perché non avevo idea di quanto puzzasse una piantagione di kiwi; di tatto, perché immergersi nel lago non è così improprio se vieni dal mare. Non c'è da schifarsi, il lago sa rigenerare altrettanto, sa sfiancarti, e ti richiede resistenza e forza nelle braccia e nelle gambe. Ma sa offrirti anche l'ombra di un albero, il manto morbido di un prato e decine e decine di baldi giovani del nord. 
Probabilmente però, è stato ciò che ho ascoltato ad arricchirmi di più.
Storie su storie, intrecci e chiaramente, persone.

Il tempo attorno a un tavolo può dilatarsi enormemente quando le persone si raccontano. 
Raggiungerci era impossibile. Eravamo sospesi quella sera ad Albano, quando non è stata necessaria nemmeno la luce, solo la voce; eravamo sospesi quella notte sui divanetti della Quintessa, e prima sulle scale di Fortini, quando mi è sembrato di conoscerli da sempre. Eravamo sospesi a Desenzano e la mattina dopo a Salò, solo dopo aver verificato che ci fossero ancora brioches alle 11.30, e per quell'ultimo pranzo a Brescia, dove a parlare è stato soprattutto il cuore, il rivelatore di sogni e paure, di consapevolezze e progetti. 

Ho varcato i miei confini, mi sono sentita per la prima volta italiana, cioè altra, o meglio, la versione estesa di me stessa.