martedì 19 aprile 2016

E se...


Scelse un pomeriggio come gli altri, un mercoledì qualunque di una settimana qualsiasi in un mese soleggiato ma fresco, una cornice senza troppo barocco, così, se mai qualcosa avesse assunto un significato, avrebbero reso quel mercoledì unico. In realtà non era così certa della comunione d'intenti che pareva sottostare a quella scelta più evocata che voluta, ma i suoi pensieri avevano lasciato spazio alle intenzioni e poi erano divenute azioni, prima che potesse rendersene conto e ricredersi.

La tratta del treno sarebbe durata almeno 40 minuti: troppi per impedire alla mente di inscenare il suo gioco delle parti. Era un continuo "e se...": e se piove? e se ho fame? e se non fossi così interessante? e se non fosse lui così interessante? Nella sua poca esperienza aveva potuto constatare solo la chiarezza dei suoi gusti: se piace, si capisce. Si sente. Ma a cosa poteva paragonare tutto ciò? In passato si era lasciata lusingare dai fiacchi tentativi di approccio di taluni o dai goffi gesti di altri. Se l'era cavata con un classico e sempre efficace "disinteresse della pratica". Funzionava così: se capiva di non essere realmente coinvolta, spariva lentamente e gradualmente, a volte rendendosi pure un po' stronza. C'era solo una cosa poco chiara: tempo dopo, quando chiaramente lo scevro interesse era crollato nel disseminante imbarazzo di casuali incontri, provava disagio nel non trovarsi più nel centro nevralgico dell'altrui agire. Ma fiera, senza accennare al disagio, screpolava la patina di gelo e si augurava di non rivedere più il malcapitato. Negli anni aveva costellato di idealismi l'altro sesso, decorando a piacimento ogni esemplare maschio che incrociava nel cammino. Così ricca di artifici e sovrastrutture, si era creata ormai una prigione mentale, tanto bella quanto inutile. 

Il ricordo più pulito e sincero risale al primo giorno del IV ginnasio, quando aveva appena 14 anni: nella nuova classe c'erano solo sconosciuti che sembravano così diversi da quelli con cui si era rapportata fino a quel momento. Se le si chiedesse che ricordo conserva di quella prima esperienza, non parlerebbe di latino o di insegnanti paurosi, ma di quel volto da cui non riuscì a staccare gli occhi di dosso per l'intera mattinata, isolandosi totalmente, incredula, guardinga ma affascinata, come un gioco di colori nella giungla, di cui percepisci il pericolo, ma che invoca solo bellezza. Lui era alto, nessun brufolo, chiaro e...anche scarsetto! Ma questo lo scoprì solo qualche settimana dopo, quando il fascino si disperse nella passività del suo esistere. 

Se piace, si capisce. Lei lo avrebbe capito all'istante e la sua paura più grande era non riconoscere cosa la impauriva di più: placet o non placet. Se l'esito sarà stato negativo, archivierà la pratica nel reparto "fallimenti", il più affollato della sua testa. Poi ci rimuginerà su per giorni, forse settimane e infine archivierà anche la conversazione what's app, perchè senza traccia non c'è sudditanza. Coverà un po' di delusione, si sentirà rifiutata e penserà di non essere all'altezza. Poi combatterà a muso duro contro questi pensieri di morte "psicologica" e "alla fine sorge sempre il sole"
Il vero guaio risiede nel "sì". E' quando le cose vanno bene che non sappiamo seriamente che fare, come comportarci, perchè sarebbe inaccettabile non fare nulla, lasciare che le cose prendano la piega che vogliono. No. Bisogna manipolare, condurre, giostrare, problematizzare insomma. 

Sapeva quanto male ci fosse nel fantasticare il tocco inaspettato, i sorrisi di complicità, il freno goloso all'ardore, il godimento nello scoprirsi belli insieme. Un marciapiede sabbioso solcato dalle converse macchiate, le mani sudaticce e i ghigni e le smorfie che non sai come possano sembrargli. Le battute incomprese a cui ridere per educazione, e fingere di sapere, mentire spudoratamente se la conversazione tocca argomenti ignoti. Pensare già a quando questa storia sarà un racconto comico da suggerire alle amiche e ascrivere la propria realtà ad un universo altro, lontano, che l'unica cosa che conta è lì, è ora. Dimenticare il resto e parlare troppo, per nascondere i buchi di insicurezza.
E se nel quadro perfetto si insinuasse la magia, toccherebbe al bacio condurla tra le stelle.