mercoledì 15 luglio 2015

Lo stato delle cose

Cantiere abbandonato
 Il mio scarso spirito avventuriero mi ha condotto un pò più lontano del divano di casa; proprio oggi che l'aria è così afosa e cupa, di quelle che si forma una cappa di nuvole nel cielo e sembra non esserci via d'uscita per chi vuole rinfrescarsi. Ma sta di fatto che ho deciso di indossare le mie Air Max e mettere uno zaino in spalla, per essere più libera nei movimenti. 
-Fai una passeggiata tra gli scogli - mi avevano detto - incerta se si trattasse di un consiglio da prendere alla lettera oppure una metafora da sciogliere, mi son decisa a scendere le scale e andare, che tanto qualcosa si sarebbe sciolto comunque; la mia stessa pelle, infatti, poco dopo grondava di sudore da fare schifo ma, con mia grande sorpresa, i liquidi superflui del mio corpo non sono stati il ribrezzo più grande. 

Finale, borgo a mare, Sicilia settentrionale. Si studia nei libri di geografia, ai miei tempi sussidiario comprendente diverse materie, che la caratteristica della costa siciliana è senza dubbio il suo essere rocciosa, con promontori che scendono a picco sul mare per qualche decina di metri; a tratti, questo tipo di paesaggio lascia posto a piccole baie e rientranze che danno vita a meravigliose spiagge che nulla hanno da invidiare ai tropici. 

Dopo questa digressione in premessa, va precisato che Finale si affaccia proprio su un tratto di costa ricco di scogli e grosse pietre. La spiaggia non è attrezzata in alcun modo e l'accesso in acqua è pericoloso, in quanto formato da un tappetto di pietre ricoperte di "lippo". Ma la bellezza paesaggistica è invidiabile: panorami e tramonti mozzafiato e non si dica che non pubblicizzo il posto in cui vivo che, per la cronaca, nella sua breve storia, è sempre stato definito "a vocazione turistica". 

Ascensore incompleto
Un viale in pietra collega il paese alla spaggia, aprendosi in un piccolo "lungomare" da tempo trascurato - non lo dico io - ma l'erba che cresce indisturbata in quelle che dovrebbero essere aiuole. Al momento in realtà il luogo si presenta più come un cantiere.Tuttavia ai miei occhi si è mostrato più che altro un triste quadro il cui titolo potrebbe essere "Abbandono", la cui cornice è offerta dal solo rumore delle onde del mare. Lungi da me ogni volontà polemica, quello che vado descrivendo non è altro che lo stato delle cose: un nastro bianco e rosso delimita una zona in cui è evidentemente negato l'accesso (l'ho dedotto in quanto persona prudente, ma nessuna segnaletica esplicita lo indicava). Al suo interno vi è una costruzione in cemento atta ad ascensore, tant'è che dai lati ho potuto osservare la porta di mezzo nuova, in quanto ancora racchiusa nello scotch protettivo. Incuriosita ho proseguito l'escursione, scendendo le scale che mi hanno portato direttamente alla spiaggia. 

Una piattaforma incompleta in legno (futuro solarium) occupa l'intera area di accesso al mare. Ho immaginato l'opera finita, con qualche sdraio posta sul piatto in legno e qualche coppia di tedeschi ad imbrunire la propria pelle delicata. Ma la mia attenzione è stata catturata da altri sensi percettori: un odore poco gradevole infatti, non mi ha lasciata per tutta la passeggiata. Sono rimasta diversi secondi a guardarmi intorno, domandandomi perchè mai un bagnante vorrebbe venirsene proprio qui a passare le sue ore di relax. Mi son risposta che certamente non sarei stata fra loro, del resto immergersi rimane difficoltoso e con tutta quella vegetazione alle spalle persino il sole rischia di rendere monca l'idea stessa di solarium, consentendone solo l' "-arium", che con uno sforzo neanche troppo complicato mi riporta a un noto aggettivo siciliano da tradursi in "brutto", ovvero "lario". 
Pseudo - Solarium

Procedendo nei miei passi verso un piccolo sentiero battuto, ho notato tanta, ma tanta, sporcizia. Oggetti insoliti, impropri, rotti, vecchi, scoloriti e maltrattati sbucano tra i sassi senza logica alcuna: ciabatte, ruote di plastica di un qualche triciclo, bottiglie, tappi, piccoli pezzi in ferro, canne. Mi sono chiesta se fosse il mare con i suoi moti regolari a restituire sistematicamente alla terra ciò che in esso si perde e disperde, immaginando solo per un attimo le centinaia di storie di frigne e maledizioni che si nascondono dietro ciascuno di quei pezzi. Adesso non costituiscono altro che una discarica a cielo aperto, in un luogo che, consentitemi, di turistico non ha nemmeno il sentore, figuriamoci la vocazione. Il battito d'ali di alcuni colombi mi ha fatto sussultare e all'improvviso quella montagna di terra mi è apparsa così vicina e così pressante, lasciandomi in una lingua di terra e pietre che non si libera nel mare, no, perchè esso rimane irraggiungibile. 

Misteriose presenze
Sono tornata indietro in fretta, rimpiangendo il divano. Sentiero, piattaforma, scale, lungomare. Acqua fresca in gola. Non me ne ero accorta all'andata, ma sulla pavimentazione bianca ho osservato tante piccole candele bianche, di queste che si comprano a stock di 20 pezzi. Erano piazzate a terra con una certa volontà, direi quasi una predisposizione predefinita. Non ho mai amato il genere giallo, tuttavia il primo pensiero si è spostato su qualcosa che lì è effettivamente accaduto, a cui ho associato l'aggettivo "rituale", ma immediatamente tornando alla realtà, ho considerato molto più probabile una giovanile dichiarazione d'amore romantico-melenso. A dirla tutta, quello è stato il momento più interessante dell'intera esperienza sudoripara. 

L'Ecomostro
Ho risalito il viale nella direzione speculare a quella dell'andata, sbucando nella ribattezzata dal popolo "piazzetta amianto", per via dell' ecomostro che si trova abbandonato lì da anni. Sì, lo è ancora. Si era detto sarebbe caduto giù pezzo dopo pezzo, ma nessuno ci aveva assicurato su quando ciò sarebbe accaduto; così mi permetto ora di azzardare un'ipotesi che, se non altro, farà sorridere alcuni: forse che i pezzi cadranno uno alla volta ogni cinque anni intorno al mese di maggio? Sarà che il sole tramonta sempre dietro quella merda in cemento e più lo guardi più ti sembra nero e triste, ma anche qui lo stato delle cose lascia molto a desiderare. 
Ecomostruosissimo

Stra convinta di aver concluso il mio piccolo reportage, ho sottovalutato l'elemento sorpresa. A sera, di rientro a casa, mia madre era ancora sveglia, e mi ha allertata circa la presenza di un topo proprio davanti casa. E in effetti era lì, frastornato dai colpi di scopa che mio zio aveva inutilmente provato a cacciargli contro. Era vivo e vegeto e chissà con quali intenzioni. Da lontano un gruppo di ragazzini sopraggiungeva; in questa stagione vanno in giro con l'immancabile "Super Santos" anche dopo cena. E se hai 12 anni, un pallone e incontri un topo per strada che fai? Inconsapevolmente interpretando i desideri di ciascuno di noi , eccoli impegnarsi in un "muro di Pelè" che bene si addiceva ad avere come sottofondo musicale "La fiera dell'Est". Il ratto scappava via e loro lo inseguivano. Nel frattempo giungeva dalla strada la signora M. R. di rientro a casa, e il vicinato era già accorso alle finestre e ai balconi sentendo gli schiamazzi, Così il roditore infausto, centimetro dopo centimetro in cerca di fuga è finito sui piedi della donna ignara. Chi ha detto che gli anziani non sono agili? Una danza imperfetta accompagnata da urla e i cori dei piccoli intorno a saltarellare come a una sagra è stata la scena epocale a cui ho assistito sgomenta e divertita allo stesso tempo. Quello, il topo, inconsapevole del proprio protagonismo, è giunto infine a un rifugio sicuro, buio e celato, sopravvivendo ancora, in attesa del prossimo felino ad incrociare i suoi passi.

Il topolino che per due soldì questo paese comprò
Lo stato delle cose insomma, fa schifo. Fuori ci sono le opere incompiute, la tristezza, l'abbandono, la puzza, l'inquinamento, i ratti e le blatte. 
Eppure noi ci gloriamo di avere la vocazione turistica, il progresso, le buone idee; e intanto ci riempiamo lo bocca di speranza, futuro certo, e tempi migliori....sta ceppa!

Io me ne torno al mio divano. 

venerdì 10 luglio 2015

Sole silente sè sola

Quella sera andava di corsa. Aveva fatto una doccia veloce, senza quei movimenti lenti e quell'appropinquarsi con il viso allo specchio che la intratteneva in genere per diversi minuti. C'erano delle gocce d'acqua per terra che lasciò assorbisse lo scendi bagno. Pensava, chissà come mai, quando aveva premura riusciva comunque a fare tutto e farlo bene, senza scordare nulla, ma abbandonò quel pensiero nella scatola delle cose che hanno un posto tutto loro in testa, il posto delle cose senza risposta. Il caldo estenuante aveva già vanificato la freschezza dell'acqua e l'effetto ammorbidente del bagnoschiuma sulla pelle, ma un po' per vizio, un po' per vanità, avvicinò il naso alla spalla e approfittò del profumo sulla pelle di cui andava fiera. Salì i pochi gradini che la conducevano al suo solito posto e si sedette davanti al pc per togliersi quel pensiero dalla mente e poter uscire. Si sbrigò in fretta, assicurandosi che l'ortografia non pagasse il prezzo della sua premura. Il pezzo andava fatto subito per essere pubblicato il giorno dopo, al mattino presto; sapeva esattamente cosa dire e come dirlo, sapeva quale servizio offrire alla gente quella volta ed era sollevata perchè non avrebbe destato alcuno scalpore. La soddisfazione non sarebbe stata la stessa, e non ci sarebbe stata nemmeno quell'adrenalina che si genera quando osiamo andare oltre il cortile del legalismo e delle formalità. Ma le faceva così bene scrivere, era ciò di cui aveva bisogno quella sera: un quadro generato dall'esigenza d un impegno preso e completato nell'arco di tempo che era sufficiente; una cosa semplice, ordinata e completa. Le gambe non smettevano di muoversi, aveva infatti il vizio di scaricare la tensione il più lontano possibile da sè e le gambe sembravano il mezzo migliore per farlo, mentre le mani erano impegnate a scrollarsi di dosso tutto quello che la sua testa produceva e che il corpo somatizzava e poi cacciava battendolo sulla tastiera. Una macchina perfetta, fin quando guida le sue tratte nella certezza del conosciuto. Pianificazione, immagine in evidenza, tag, un titolo didascalico più o meno accattivante e via. Erano già le 23, così scelse la solita catena al collo e una maglia che si trovava disordinata sulla sedia accanto al letto, si riattaccò i capelli alla meno peggio, riflettendo di sfuggita sul momento in cui si sarebbe decisa a tagliarli; era "pronta" e uscì di casa. Per ottimizzare il tempo, approfittò della strada per fare alcune telefonate importanti. Fu sufficiente per innescare nuovamente la confusione che prima aveva abilmente sgomberato con la sensazione di aver fatto già tutto quello che aveva da fare; come  quando si becca la carta "Ritorna al via!" al Monopoli. Respirò a fondo sedendosi sulla panchina che nel frattempo aveva raggiunto e vide quel luogo famigliare accogliere il suo sospiro; in fondo, quella era la sua casa, ovvero il posto accanto al quale poter eguagliare il suo nome. Ironico che a farne da cornice ci sia proprio una vecchia fortezza post-medioevale. Le sue certezze rassicuranti racchiuse dalle mura alte che difendevano dai nemici, così additati solo perchè sconosciuti. Un accenno di sorriso sarcastico le si formò sulle labbra, mentre lo sguardo si faceva ampio e angoscioso, se solo qualcuno fosse stato lì ad attraversarlo. Ma così fu più semplice mettere a tacere le emozioni che reclamano le loro note per fuoriuscire melodicamente un giorno. Ma non adesso. Le sagome delle amiche si erano formate davanti ai suoi occhi e si pentì di non essersi soffermata davanti allo specchio quella sera. Immaginò i suoi capelli mossi e raccolti alla meno peggio,
aumentare in minuscoli fili biondi nella testa che da lontano sarebbe sicuramente sembrata l'alone di luce di una lampada da terra, ma sapeva di non poter fare nulla per impedirlo; era così umida e calda la serata. Poche chiacchiere sopra un limoncello sottomarca, le beffe del venticello che richiedono la sciarpa sulle spalle nonostante l'appiccicaticcio della pelle, e il tempo che scorre veloce. Si arrese felicemente alla notte, trovando negli occhi della sua migliore amica l'accordo silente che sanciva la fine di quel summit utile a distrarsi. Sotto i sandali poteva sentire la polvere che si era insinuata, ma faceva parte del rituale lavare i piedi prima di coricarsi, così fu felice in modo forse un pò fanatico. Il giorno era volto al termine e ciò le permise di stringere un patto con sè stessa: la lotta si spense, il qui e ora esigeva riposo. Rilassò le membra concentrandosi solo sui muscoli del proprio corpo, iniziò dalla fronte e la mandibola, poi collo, spalle e braccia fino alle dita delle mani. Il petto, il ventre, il bacino. Il sotto coscia, le gambe, i talloni. Si rese conto che il sonno stava sopraggiungendo e capì che poteva concedersi di mettersi sul fianco, la mano sotto il cuscino. Poi, per completare quell'ordinario dipinto, disegnò il dettaglio che lo avrebbe reso perfetto, e lentamente si concesse la sensazione sulla pelle di essere avvolta da un tenero, immaginario, forse vero nella sua irrazionalità, abbraccio di un altro.