mercoledì 28 marzo 2018

Anuwanaweeeeii

Sono le 13.30 di un primo pomeriggio d'autunno, potrebbe essere ottobre o marzo o uno qualsiasi di quei mesi di mezzo che per una scolaretta non fanno differenza alcuna...sarà sempre troppo lontano dalle vacanze estive o di Natale.

I cento metri e qualche passo in più che la separano da casa vengono percorsi senza troppa fretta, con l'andazzo di chi sa per certo che troverà un piatto di pasta pronto in tavola.
E così in effetti quelle penne al sugo scendono giù senza farci troppo caso, una cosa come un'altra in un giorno come in un altro di un anno che pressapoco era il 2003.

Quella scolaretta aveva 11 anni e poi 12 e 13 e ogni giorno era la stessa storia. Un'età mixer tra la fanciullezza ancora viva e quei primi segni di pubertà incompresa, segnavano l'ingresso in quel mistero chiamato adolescenza.
La giornata procedeva a sprazzi e si era bambini e di colpo ragazzette nel tempo di una zapping in TV che finiva sempre sullo stesso canale, inequivocabilmente Italia1.

Sono le 15 di un pomeriggio qualunque di una qualunque stagione in un giorno compreso tra il lunedì e il venerdì; alle 14.55 si conclude la sigla di Dragon Ball Z e neanche oggi Goku ha sconfitto Freezer. Il tempo è invalidato in quei pochi minuti mancanti allo scoccare dell'ora, finchè...

ANUWONUWEEEEEIIIIII

Un sole al tramonto su Capeside e i maglioni slargati di Dawson Leery appaiono sullo schermo come la più grande promessa mantenuta del giorno. Ci sono tutti, la sigla è una garanzia di qualcosa che comunque non cambia, nonostante il passare delle stagioni e quel timore remoto che uno dei tuoi personaggi preferiti possa esserti strappato via all'improvviso (in un tempo in cui nessuno poteva raggiungerti per informarti di una probabile scissione del contratto).
In un mondo in cui "non sapere" significava avere la possibilità di godersi meglio le cose, Dawson's Creek è stato soprattutto una certezza.
Un appuntamento incondizionato e fedele, capace di soggiogarti per 50 minuti, infatti allora, nonostante l'evidenza, nessuno poteva raggiungerti per spiegarti che l'episodio durava solo 40 minuti, e ogni giorno tu speravi che alle 15.45 ancora potesse succedere qualcosa di rilevante e sorprendente e che forse in quella puntata finalmente Joey si sarebbe dichiarata a Dawson o Dawson a Joey o entrambi o...

Le trame dell'America e l'adolescenza 1.0. Le emozioni sottaciute e le catastrofiche rivelazioni che distruggevano la psiche dei tuoi beniamini fintanto che non si decidevano a dare una svolta alla loro storia, e alla tua suspance. Dawson Leery, i suoi sogni e le sue goffaggini ci hanno permesso di credere in ciò che ci piace; Pacey Witter ha sconfitto tutti gli stereotipi legati al successo e ci ha fatto innamorare persino delle sue camicie hawaiane.
Joey Potter non sottovalutiamola, signori miei, perché mentre prendevo la cornetta del telefono per chiamare la mia compagna di classe che avevo visto a scuola un'ora prima e che abita a 15 metri da me, la piccola Joey montava sulla sua barchetta e risaliva il fiume a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Non si accontentava delle scale e raggiungeva la stanza delle stanze arrampicandosi su una scala e un'edera pressapoco.
Jen Lindley ci ha conquistati pian piano, sfoderando autenticità e dolore come armi a doppio taglio che sanno uccidere e ucciderti. Ed è cresciuta così tanto che alla fine hanno ritenuto opportuno permettere a lei di chiudere il cerchio, non prima di averci regalato la scena più vicina allo svelamento di una verità assoluta. Grazie Jen Lindley per il tuo biondo Barbie che oggi è un'attraente biondo platino.

Capeside, le estati che sembrano estati e gli inverni con la neve, i baci sotto il vischio e le partenze in barca al calare del tramonto. I sorrisi di Joey Potter patrimonio dell'umanità.
Il mito di Steven Spielberg e Jurassic Park. L'amore e l'amicizia in tutti gli incroci e gli intervalli possibili. Due finali: per i Joson quello della quarta stagione, per i Jocey quello della sesta.
Ma soprattutto un fiume in piena di parole che ci hanno tenuto compagnia e ci hanno segnato per tutta l'età e ancora ora, resta nitido il segno di una serie TV che ha saputo raccontare una generazione e insegnarle a essere adolescenti mentre tutto intorno alle 3 del pomeriggio calava il silenzio in cucina.

Turuturuturu Turuturuturu...

Anuwuanuweeeeeiii

giovedì 1 marzo 2018

Vorrei incontrarmi tra cent'anni


Vi capita mai di guardare una vecchia vostra foto e non riconoscere più la persona che rappresenta?
Sentirsi estranei rispetto a quelle stesse forme che vi hanno dato fattezza.
Sentirsi altro, sentirsi distante molte miglia, in un presente dove sono diventate tante le consapevolezze e grande è la tenerezza per quel volto disorientato e impaurito, che sarebbe cresciuto in poco tempo, il corrispondente di molti anni. 

Magari non è successo qualcosa di veramente rivoluzionario nella tua vita, magari fai le stesse cose di allora. Eppure hai vissuto almeno quei due o tre switch-off che hanno aperto i tuoi occhi sul mondo e sugli affari della tua anima, al punto da cambiare prospettiva, spostandoti alcuni passi più in là rispetto al punto in cui eri. 

Mi succede spesso in sogno di non riuscire a proferire parola, anche quando so perfettamente quello che vorrei dire. O se parlo, non vengo compresa.
Non mi cimento in interpretazioni freudiane di dubbia validità, come spettatore attento davanti a una opera, azzardo piuttosto interpretazioni ampie che in fondo, hanno la sola pretesa di esplicitare i miei pensieri. 

Ci sono persone che non sentono l'esigenza di dire quello che hanno in testa e altre per cui esprimersi è fondamentale, se non addirittura vitale. 
Ho la sensazione che nonostante i miei sforzi per convincermi che appartenere al primo gruppo sia più conveniente, più mi silenzio, più torna a farsi viva quella parte di me impressa in foto, remissiva e insicura, mai andata via davvero. 

Ma le opinioni non sono questioni dicotomiche: o prendi una posizione o sei un pusillanime, o preferisci il silenzio o ti accordi rispetto alla responsabilità di ciò che pensi, o bianco o nero, o moderati o estremisti, o voti o non voti, o la rivoluzione o l'affossamento. 

C'è un tono di libertà marcato anche nella moderazione e c'è un fiero equilibrio anche nelle vie di mezzo, quelle voci che non ci concediamo di ascoltare, quella via non ancora considerata e difficile a vedersi, un po' selvaggia un po' disciplinata, dritta verso un'unica meta: la pacificazione. 

Si tratta di discernerla.
Si tratta di scegliere. 

E se m'incontrassi di nuovo fra cent'anni in un intimo momento tra me e me, vorrei sorridere di tutto quello che non sapevo e ringraziarmi per tutto quello che avrò compreso.