giovedì 7 settembre 2017

Non dire sì. Dialogo con Razio Cinio

Mattina: i rumori di scarico merci del negozio di fronte si fanno sempre più insistenti, sulla strada i soliti rombi di auto si avvicinano aggressivi, poi scemano gradualmente in fondo alla via. Voci e colpi di tosse, qualche grido sopra i decibel. 
Sto dormendo nella mia stanza, con il lenzuolo tirato addosso per difendermi ancora un po' da tutto ciò che oggi sarà: la scrivania improvvisata, il pc vecchio che non ce la fa, fogli su fogli e quella calligrafia che ti chiedi come sia venuta fuori così, a volte poetica, a volte insensatamente disordinata. 

Al diavolo le abitudini, prendo solo un caffè: mangio se ho fame, dormo se ho sonno, studio se ho voglia. Ma brava, cazzuta. Per niente: al solo pensiero degli esami in arrivo ripiombo nella più angosciosa attesa del niente e mi si stringe lo stomaco. Così non mangio poi tanto, ma dormire, quello sì, che i brutti pensieri cedono al sonno e magari a qualche bel sogno.

Come l'altra notte, quando mi ritrovai in un paese che sapeva di campagna e di sicilianità: avevo dato ordine a qualcuno di seguire qualcun altro per conto mio (WTF?!). Aspettando non so che, mi avvicini a una cascina, almeno così sembrava da fuori, dalla porta aveva inizio una rampa di scale che, stranamente, scendeva verso il basso. Vidi l'ombra di un uomo passare per un corridoio e provai a seguirlo dall'esterno, spostandomi verso l'unica finestra. Con mia sorpresa scoprii che dava su una piccola stanza moderna, con le sedie disposte ad anfiteatro. C'era gente dentro. 

Mi videro spaesata e, forse per questo, mi accolsero con un sorriso: una cooperativa, stavano producendo vino. Almeno così mi parse di capire, non ebbi tempo di approfondire che subito un ragazzo giovane e biondo mi porse un bicchiere, chiedendomi di assaggiare il loro vino e per accompagnarlo, un pugno di pinoli. Pinoli e vino? Chissà. 

Stavo ripensando ancora a quel sogno, quando mi misi di forza sui libri come tutte le mattine. Poi squillò il telefono...
Risposi e mi trovai subito catapultata in una conversazione che non mi aspettavo di certo. Una proposta, sembra interessante. Ah sarebbe saltuario, ah sarei libera, ah bene. No, no. Non dire sì. Non è il momento, hai altro per la testa, ci sono gli esami e le nuove attività che riprendono. Non dire sì, che poi ti lamenti, non hai tempo, non hai spazio. 
<<Sì>>. Va bene, si può fare: accetto volentieri. Ma come? Voglio accettare, bisogna prendere a morsi la vita, cogliere le occasioni, oh, volevo farlo e l'ho fatto. Non dire sì, mi ripetevo e non avevo torto, non ho mai torto quando mi parlo: perché accolgo le mie ragioni e ne discuto con i miei desideri. Così l'avrò comunque vinta. In quei momenti, da Sofia a Sofia, mi sembra di incontrarmi per la prima volta: osservando per un attimo la persona che sarei, che a volte sono, che spesso mi manca.

Non dire sì. Rieccolo, il concentrato della mia razionalità, cinico nemico della mia essenza. 
La rivedrò nei sogni, a sorseggiare con un giovanotto biondo, un bicchiere di vino e un pugno di pinoli.