domenica 26 febbraio 2017

S.O.S Carnevale


Questo carnevale è durato circa 40 minuti: da quando ho deciso di travestirmi da "cosechetrovoacasa" a quando ho varcato la soglia della stessa. 40 minuti di adrenalina che hanno dato un senso a una festa che sopravvive di ricordi e che si nutre di pentimenti ("potevo fare qualcosa anche io"). Rimane in vita grazie ai piccoli e a pochi sprazzi di volontà. Ho rintracciato, dall'alto del mio normalissimo spirito di osservazione (quella cosa che possiedono un po' tutti, ma che solo alcuni utilizzano), le cause e gli atteggiamenti che hanno lentamente e inesorabilmente nel tempo annientato il nostro Carnevale.

Lo svuotamento. Le piccole realtà di paese soffrono in modo particolare il fenomeno che vede molti allontanarsi per motivi di studio o lavoro. Nell'era della globalizzazione le distanze si accorciano e questo rende più semplice lo spostamento non più verso la città più vicina, ma proprio verso altre regioni, altri Paesi. Così, tornare il fine settimana o per le feste spesso rimane solo un desiderio. In questi giorni l'unico coro "brasilero" dei tanti universitari prossimi agli esami sarà stato nella solitudine dei propri appartamenti, alzando gli occhi dal libro e canticchiando in un attimo di follia "braziiiil lalalallalala lalalallaa". Di ben altra natura invece l'esodo che puntualmente ogni anno trasferisce decine di persone fuori dal proprio centro abitato per raggiungere località dove il Carnevale è un culto, un'attrattiva turistica. Ci si accontenta insomma di spendere denaro per comprare un po' di divertimento, e risparmiare il tempo che servirebbe per provare a divertirsi partecipando a quella che dovrebbe essere la propria festa.
Assente al Carnevale 2017 il senso di appartenenza.

Poco coordinamento. Chi non c'è, non c'è e chi c'è, annaspa. Non è facile, per diverse ragioni. Bisogna radunare tutti, raccogliere le idee, mettersi all'opera, puntare magari un pizzico più in alto del limite a cui sai già che potrai arrivare e ottenere una semplice ma bella festa. Ci sono quelli che lavorano e quelli che pensano che sono gli altri a dover lavorare. Sì, si è fatto: ci sono state le serate, le sfilate, i temi, le musiche, il vino e le chiacchiere. Ma è mancata una vera macchina organizzativa: i falchi della logistica, i maestri della drammaturgia, chi tiene le fila del discorso insomma. Non si imputano colpe, si esprimono opinioni. In questa comunità mancano i punti di riferimento, i carismatici, coloro su cui sai di poter contare e che sono in grado di trasformare le mancanze in risorse e il poco in straordinario. Qualità d'altri tempi, forse di altre generazioni, di altri giovani, e diciamolo senza mistero di sorta, di altri amministratori.
Assente al Carnevale 2017 una leadership.

Assenza di spirito. C'erano una volta le masse, la satira, le provocazioni e l'attesa della festa. I carri, che non è per il carro in sé, ma per tutto ciò che si azionava intorno alla realizzazione, i numeri di giovani che si mettevano in movimento per realizzarli, il dispendio gratuito di forza lavoro, il piacere di stare insieme (scomparso). Non so perché, non so quando si è iniziato a pensare che il Carnevale non ci riguardasse più, forse quando ci siamo resi conto che i 18enni di oggi non sono altrettanto propositivi e indipendenti. Allora ci trasciniamo fuori dalle nostre case con delle zavorre pesantissime ai piedi - in virtù della gioventù di un tempo che non possiamo più spendere come una volta, nonostante lo spirito sia rimasto invariato. Ma così, muovere un passo di YMCA sarà di fatto impossibile. Ci siamo ritrovati in piazza forse più per senso del dovere, o comunque lì è come svanito il nostro spirito, quel poco che era rimasto. Pure la playlist sembrava riluttante e quei secondi di silenzio tra una traccia e l'altra interminabili. I bambini alle mie spalle avevo smesso di schizzarsi con le bombolette, scoraggiati da una lenta e uggiosa pioggia che si prestava solo alle atmosfere magiche e misteriose del geniale gruppo in maschera che ha riportato sulla scena Harry Potter e i principali personaggi della saga. Sorridevo osservando quelle poche prestanze di ingegno di chi tra i colori, tra la possibilità di essere, per un giorno, un cibo tra i più amati al mondo, ha scelto di diventare un pacco di patatine del McDonald. O ancora, la simpatia di Stanlio e Olio e della leggendaria pantomima. E le decine di mascherine colorate dei bimbi con i capelli inumiditi e i coriandoli tra le ciocche. Chissà come si sentiranno questa sera i zelanti che sono riusciti a divertirsi oggi, forse tra la stanchezza e il brio del vinello che torna ancora su, penseranno di avercela messa tutta ma di essere rimasti un po' delusi, un po' mortificati per quello spirito che c'era ma che non è arrivato a tutti.
Assente al Carnevale 2017 il contagio.

L'eccezione. Nel silenzio da cui proveniva Finale, cancellato solo per poche ore dalla sfilata, e in cui è ripiombato immediatamente dopo, musica e allegria si sono rintracciate nelle serate danzanti organizzate nelle parrocchie. Fa notizia il boom di presenze registrato nelle sale delle comunità, dove si sono riunite intere famiglie e si sono consumate danze a ritmi irrefrenabili per due sere consecutive. A voler spendere due parole su quella che sembra essere una piccola isola felice, mi viene da concludere che l' "intimo" raccoglimento fra quattro mura, tipico nelle realtà di montagna, abbia spronato maggiormente la partecipazione di molti, attratti dalla possibilità di una serata di spensieratezza. L'armonia che ne è venuta fuori lascia ben sperare.
Presente al Carnevale 2017 un barlume di speranza.

lunedì 13 febbraio 2017

Inconscio a quattro ruote

Da un po' di tempo a questa parte faccio un sogno ricorrente, sono io sui pattini. Quelli a 4 ruote in linea che per frenare devi alzare il tallone e far fare attrito al retro, con l'esterno di plastica e dentro di spugna. Non sono molto brava. Per spostarmi di pochi metri vado appoggiandomi ai muri o agli oggetti per strada, però non demordo. 

Stanotte procedevo con scarsa armonia in una strada di città con la pavimentazione di sanpientrini abbastanza lisci da poter essere percorribili. Mi sono imbattuta in quattro donne adulte e di gran classe. Una era bionda, senz'altro, e aveva che dire con un'altra; le due restanti per lo più ombre. Commentavano la mia poca maestria e goffaggine, poi hanno svoltato per un vicolo che - non so bene perchè - era anche la mia direzione. Provavo un certo timore nell'attraversarlo, ma mi sono lanciata. Mi ricordava tanto via Bara all'Olivella, a Palermo, dove mi reco spesso. Stavo davvero facendo fatica quando qualcuno mi si è avvicinato...

Un ragazzo, anche lui sui pattini, mi porgeva la mano. Indossava una t-shirt e un paio di pantaloncini; i capelli scuri e arruffati scendevano sulla fronte, sorrideva appena ma era gentile. Gli ho chiesto come si chiamasse e registrai solo "Ema". <<Ema!>>,  esclamai. <<No, Emal>> mi corresse. Fresca delle suggestioni sanremesi, non stupisce ora la somiglianza del nome con quello del noto cantante classificatosi terzo, Ermal Meta. Adesso non ho più un'immagine chiara del suo volto, per cui continua a tornarmi solo quello del cantautore. Niente male perciò. 

Stranamente sentivo di potermi fidare di quello che apparentemente poteva sembrare un ragazzaccio di città. Sbucammo in una piazza. C'era una bella atmosfera, era sera: alcuni locali avevano dei tavoli all'esterno, c'erano delle scale sempre in pietra e le luci coloravano il complesso di giallo. D'un tratto fu come se ci conoscessimo da tempo. Ci avvicinammo a un tavolo pieno di gente che conoscevo e con mia sorpresa scoprivo che conoscevano anche Emal. Nessuno era stupito di vederci insieme. Aspettavano entrambi. Non ne sono sicura, ma credo che mangiammo pizza. I pattini erano scomparsi dai nostri piedi.